di Stefania Cammarata
L’anno scorso ho avuto la fortuna di imbattermi casualmente in Musicians Without Borders (MWB) proprio su Facebook, vituperato social che nasconde perle preziose come questa.
Facendo da molti anni musica senze frontiere con il mio gruppo Svoboda, il nome di questa associazione mi ha subito attirato. Inoltre, essendomi occupata per anni di migrazioni, convivenza e conflitti tra popolazioni, mi aveva colpito l’annuncio di un training rivolto a formare musicisti che lavoravano o avrebbero voluto lavorare con rifugiati e richiedenti asilo.
Canto e migranti: quale migliore occasione per fare della mia formazione accademica e della mia passione per il canto una professione per il futuro?
È trascorso un anno e mezzo e ho concluso ben tre percorsi formativi, uno a Roma, uno a Torino e il più impegnativo Training of Workshop Leaders (o Training of Trainers) che si tiene ogni anno ad Ede, in Olanda, dove l’Associazione ha sede. Oltre ad essermi portata a casa tre attestati di cui sono fiera, ho ricevuto una formazione didattico-musicale estremamente ampia e spendibile non soltanto con rifugiati o stranieri in transito, ma con chiunque – e a qualsiasi età – veda nella musica una pratica di accoglienza e di coesione, per creare comunità e offrire benessere, nel più vasto e nobile significato del termine.
MWB si fonda su cinque principi ispirati alla non violenza: sicurezza, inclusione, eguaglianza, qualità e creatività, e, non meno importante, divertimento!
Al centro della metodologia proposta, una serie di attività volte a promuovere e ricercare l’empatia, attraverso cui si creano i legami tra le persone. La musica, fatta con la voce, il corpo (body percussion) e gli strumenti (anche semplici o autocostruiti) si rivela così un mezzo privilegiato e particolarmente efficace per trasmettere – grazie ad una sua pratica semplice, intuitiva e divertente – senso di sicurezza, inclusione, accettazione ed eguaglianza, lasciando anche spazio alla creatività e alla libertà espressione dei partecipanti. Il tutto senza dimenticare una ricerca di qualità sia nelle attività proposte che nei risultati da esse scaturiti.
MWB opera da anni in aree di guerra, conflitti e povertà (Balcani, Palestina, Rwanda, El Salvador e altri), e recentemente in Europa in centri di accoglienza o di approdo di migranti. La realtà di queste situazioni è prevalentemente costituita da persone che hanno vissuto traumi più o meno devastanti, e la musica si rivela una proposta in grado di offrire concretamente spazi e momenti di speranza, di riavvicinamento alla propria identità, di stimolo alla resistenza e a reagire per non soccombere al dolore, alla solitudine, alla tristezza. Fare musica insieme può così diventare un canale privilegiato per trasmettere empatia tra chi arriva e chi accoglie, per creare connessioni e nuovi legami, per ripartire e iniziare una nuova vita.
A pensarci bene tutti noi siamo potenzialmente vittime di traumi più o meno piccoli: biologici, psicologici o sociali, e realizzare che per mezzo della musica – nel mio caso del canto – si può essere speranza e reale veicolo di cambiamento per affrontare e superare i traumi, anche solo per un’ora, ripone fiducia nel fatto che un mondo migliore può essere costruito pacificamente. E, aggiungo un’ultima nota personale, che aver studiato, ricercato, insegnato per anni a comprendere certi fenomeni, e aver coltivato parallelamente la musica, non è stato tempo perso.
MWB mi ha arricchito umanamente oltre che professionalmente, e ha spalancato le porte allo straordinario mondo della musica e al magico potere della voce, facendomi scoprire che far cantare insieme può far davvero stare bene chiunque abbia voglia e opportunità di farlo.
https://www.musicianswithoutborders.org/