Ripresa, rinascita, ritorno, riscatto…
Siamo circondati da messaggi che ci invitano a cancellare questo periodo faticoso e a tornare come prima.
Ma non possiamo pensare come proprio il nostro mondo, quello dell’espressività, dell’arte e del canto, siano stati messi pesantemente in discussione. Dalla frase sugli artisti “che ci fanno divertire”, alla dichiarazione di molti “il canto è pericoloso”, alla riapertura ritardata di cinema e teatri quasi come se il riavvio delle varie attività dovesse seguire una tabella legata al profitto e a una visione non certo contemporanea della società.
Dall’altra parte, assistiamo a un crescere vertiginoso dei bisogni. Un insegnante qualche giorno fa ha detto “ormai tutti i bambini sono da considerare BES -cioè con bisogni educativi speciali”. Probabilmente questa osservazione è sbagliata: i loro bisogni non sono “speciali”, rappresentanto quella che oggi è la normalità, per la quale dobbiamo attrezzarci e a cui dobbiamo rispondere! Tante altre persone mostrano bisogni urgenti, e la mancata risposta crea malessere, depressione e talvolta drammi e tragedie…
E adesso?
Il nostro mondo musicale, dell’espressività dell’arte e del canto, può fare qualcosa per questo? Siamo convinti di si!
Tocca però anche a noi evitare un approccio semplicistico e banale, dicendoci che è sufficiente “riprendere”.
Quanti temi abbiamo lasciato indietro? Ci ricordiamo che cantare significa affrontare e interiorizzare i testi, gli argomenti, le emozioni condivise? Che il canto, come è sempre stato nel canto popolare e come è nel legame tra mamma e bambino, è una importantissima risorsa per il rafforzamento dei legami?
Quanti cori e quante bande musicali (quanta musica amatoriale, quindi) rischiamo di lasciare indietro e di perdere? Forse solo perché manca un repertorio semplice, abbordabile da cori “zoppi” nell’organico, o che possa prevedere la compresenza di voci e strumenti.
E quante persone che non si sono mai avvicinate alle attività espressive potrebbero essere raggiunte, nelle città più grandi e nei centri più piccoli, se noi fossimo disponibili a cercare nuovi approcci e ad ampliare un poco la nostra visione!
Se ci fermiamo a cercare la perfezione della nostra esecuzione e i cori più attrezzati mirano a tornare “bravi come prima”, forse perderemo la sostanza del nostro messaggio culturale e sociale… e anche un po’ la nostra anima.
Possiamo fermarci a riflettere, e aprire un confronto su questi temi?