di Giorgio Guiot
Cinquant’anni di Cantar Leggendo. Il testo con il quale Roberto Goitre inaugurò il suo splendido decennio di ricerca, produzione didattica e diffusione della cultura musicale con la fondazione di nuovi cori e della rivista “la cartellina”.
La storia racconta che Roberto Goitre, musicista e direttore di coro di formazione tradizionale, collaboratore del grande Ruggero Maghini al Teatro e alla Corale Universitaria, tornò “folgorato” da una tournée corale in Ungheria con tante nuove idee e soprattutto il desiderio di rivoluzionare la cultura corale italiana. Prima di poter ragionare a fondo sulla metodologia, ricevette dall’editore Suvini Zerboni di Milano la proposta di scrivere il “cantar leggendo”: si mise al lavoro di getto, sfornando un’opera che ancora oggi è preziosa per l’originalità dell’approccio, per il rilievo dato al canto popolare, per il desiderio di parlare non solo al mondo musicale ma soprattutto al mondo della scuola. Forse però il Cantar Leggendo non offre la profondità metodologica che Goitre raggiunse negli anni successivi con i testi “far musica è” e soprattutto con l’approccio maturo alla rivista “la cartellina” e all’articolo “validità del canto corale” che viene considerato una sorta di testamento spirituale.
Gli anni ’70 furono davvero “di fuoco” per Roberto Goitre: la nascita dei “Piccoli Cantori del Teatro Stabile”, diventati presto “Piccoli cantori di Torino”, gli approcci alla musicoterapia con Oskar Schindler, la didattica musicale, la nascita del “Coro Farnesiano”… Sappiamo bene che uno dei suoi obiettivi sarebbe stato una revisione del Cantar Leggendo, con una profonda rivisitazione di contenuti e metodologia ma… il cuore non resse e il Maestro si spense nel luglio del 1980 a soli 53 anni.
Non tocca certamente a me condurre una riflessione sull’opera di Roberto Goitre, ma sarei felice di poter avviare una dibattito sull’eredità della sua metodologia. Mi limito a una piccolissima osservazione: l’opera di Roberto Goitre si inserisce nell’alveo della tradizione avviata da Guido d’Arezzo, e che ha visto nei secoli importantissimi contributi di teorici e didatti. Più recentemente, la scuola inglese del “tonic sol-fa system” e la didattica di Zoltan Kodaly. La tradizione che Guido d’Arezzo codificò fu -circa mille anni fa- decisiva per lo sviluppo della musica: nacque in quel periodo la scrittura musicale organizzata su linee e spazi, e fu possibile da allora superare la semplice trasmissione orale delle melodie prendendo a modello le altezze di una melodia nota a tutti per decifrare e apprendere autonomamente tutte le altre.
Forse oggi stiamo tornando indietro rispetto a queste grandi conquiste? “Ti registro un vocale”, non è un clamoroso invito all’apprendimento per imitazione e un implicito incoraggiamento all’analfabetismo? Sul molti siti web si trovano con facilità le parti vocali di tanto repertorio corale: davvero per tanti coristi non è più necessario saper leggere la musica!
Ecco una proposta di riflessione, pubblicata sull’ultimo numero della rivista corale dell’Associazione Emiliana Romagnola dei cori.
rivista FARCORO aerco luglio 2021
Ma la porta è apertissima, e i contributi di tutti saranno i benvenuti!